A Bologna il genius loci risiede certamente nella Torre degli Asinelli. Radicata, insieme alla Garisenda, al centro della zona storica è ciò che rimane di un’ampia area medioevale che faceva del capoluogo emiliano la «citta delle torri». Poste all’inizio dell’ampia via Rizzoli, e ombreggianti la Piazza di Porta Ravegnana, sotto di essa convergono a raggiera le altre strade di origina medioevale: Strada Maggiore, San Vitale, Zamboni, Castiglione. Sino agli anni del secondo dopoguerra era una intersezione che ispirava un’aura di sacralità civile: nessuno ci sarebbe passato sotto con una macchina o, peggio, parcheggiato accanto. Il valore civico era così alto che i partigiani, entrando a Bologna, hanno lasciato sulle mura degli Asinelli la scritta, ancora visibile: W Churchill, W Truman, W Stalin, unica rimasta di quelle che i giovani liberatori tracciavano lungo tutta la Strada Maggiore nella loro avanzata verso il cuore della città. Ora di quella scritta rimane soltanto una pallidissima traccia, come sembra scolorire la memoria del 25 aprile. Ecco che, allora, un intervento meritevole, ad opera del Comune, sarebbe quello di riportarla alla luce e di inserirla nei percorsi della memoria, per non dimenticare chi liberò la città dalle forze nazifasciste. Ed anche se sta scomparendo ad opera del tempo, nessuno ha mai osato cancellarla, mentre le altre sono scomparse sotto mani di vernice negli anni. Quando, nel lontano ’77 i carri armati arrivarono in città, chiamati dall’amministrazione del PCI a presidiare la democrazia contro le masse dei barbari che chiedevano partecipazione e diritti, la visione di quei mezzi corazzati sotto le Torri fu uno shock per tutti i cittadini. Anche in quegli anni concitati, pieni di manifestazioni e barricate, nessun dei gruppi politici osò neppure pensare a scrivere qualche slogan sulle Due Torri. Poi, con la giunta di destra, cui aprirono la strada i battibecchi tra maggiorenti del PDS locale, furono apportate due «migliorie»: la ricomparsa della statua di San Petronio, protettore della città, un tempo presente in loco ma poi laicamente rimossa, ed un semaforo, tanto per dare l’dea di una ritrovata «libertà» che si esprimeva anche attraverso la circolazione ai lati delle Torri, evenienza che le ha lentamente trasformate in ciò che sono oggi: un immenso spartitraffico. Chi si ponesse sotto le Torri, infatti, e mettesse le mani su uno dei fittoni di pietra che le circondano, sentirebbe distintamente, e con una brivido nel corpo, le vibrazioni che salgono dal vecchio impianto medioevale delle strade al passare dei mezzi meccanici, e che si trasmettono alle strutture del Trecento senza soluzione di continuità. Ma almeno, ripristiniamo la «scritta invincibile», come avrebbe detto B. Brecht.