La fase storica in cui i movimenti sociali sembravano dettare l’agenda alle sinistre a livello internazionale è decisamente in crisi, portandosi dietro anche la leadership dei partiti politici che, soprattutto in America latina, hanno dato una speranza di cambiamento nel solco ideale dello slogan del Forum Sociale Mondiale: «un altro mondo è possibile». Ma la genesi di quel lungo momento, la sua ricchezza ideale, l’analisi delle diseguaglianze che lo motivarono, la necessità di rivedere alla radice le ragione dell’agire politico, rimangono immutate nella loro validità e prospettiva. Da qui l’attualità della Trilogia della Re-esistenza che racchiude in un volume unico i tre saggi originariamente scritti da Raffaele K. Salinari nell’arco di tempo che va dal 2005 al 2009. Si tratta, come riferisce la nota dell’editore, del periodo fondativo per i movimenti democratici di tutto il mondo, in cui la costruzione di un «altro mondo possibile» è diventata riflessione culturale e prassi politica, mercé il ripensamento dei rapporti di forza – non solo economici ma più ancora simbolici – tra i re-esistenti ed un biopotere sopra-vivente sempre più oppressivo e disegualitario. L’autore analizza così la genesi del capitalismo globale individuandone la nascita nelle antiche ascendenze greche dell’Occidente, sino alle sue manifestazioni più attuali: ciò che l’autore chiama bioliberismo. La prima parte del volume analizza dunque le caratteristiche fondative del cosiddetto Impero-fattuale, la forma attuale del biopotere. Qui si delineano, attraverso le critiche circostanziate ai suoi dispositivi, alcune pratiche di liberazione proprie dei movimenti sociali altermondialisti. L’introduzione di Raúl Zibechi, uno studioso di quei movimenti latino americani che tanto hanno contribuito ai cambiamenti politici del continente, e non solo, riassume perfettamente lo spirito che anima la prima parte della Trilogia. Tra le note, quasi un saggio nel saggio, troviamo anche l’inedita lectio magistralis che Ivan Illich presentò in occasione della sua laurea ad honorem in Medicina all’Università di Bologna e del cui testo manoscritto fece dono all’autore. Segue, in ordine di tempo e di analisi, Il Gioco del mondo, introdotto da John Holloway, dell’Università di Puebla, studioso e compagno di strada del movimento Zapatista, che spinge la riflessione verso l’indagine e le motivazioni profonde, archetipiche, alle origini di quella che l’autore chiama la «scissione occidentale», la separazione cioè tra umanità e mondo, e che costituisce la cifra essenziale dell’Occidente, di quel modello di civilizzazione cioè oggi imperante ma che tende irrimediabilmente alla mortificazione del vivente in tutte le sue forme. Qui, attraverso le dieci case del gioco del mondo, analoghe e corrispondenti alle dieci Sefirot della tradizione cabalistica, vengono proposti altrettanti passaggi «iniziatici» verso una visione politico-simbolica che intende attivare quelle pratiche di ricongiungimento tra «mondo dentro e mondo fuori di noi», e sostanziare così i nuovi gesti per «la cura e la manutenzione del Mondo». Infine, nel Castello di sabbia, come sintetizza magistralmente Romano Màdera nel suo «biglietto di accompagnamento», lo sguardo si spinge verso la descrizione di quella «trama nascosta» di origine eraclitea, tante volte evocata dall’autore, che ci conduce nel Mundus Imaginalis la cui riscoperta è significativa della possibilità di risimboleggiare il Mondo come manifestazione della totalità, «ritrarre il Simbolo dal Logo», e dunque accedere alle scaturigini ultime del nostro essere nell’Essere; un percorso attraverso la metafora del «castello di sabbia» che traccia il cammino verso quello sguardo ontologico che rappresenta il fine ultimo di tutta la ricerca della Trilogia.
Adam Kadmon