15 miliardi al gioco della povertà, da Il Manifesto 21-2-2013

L’Italia diventa sempre più povera, cresce l’esclusione sociale, aumenta la disoccupazione. In questo quadro sconfortante, brilla l’ammiccante sirena del gioco d’azzardo nella sua versione on line. Parliamo di un giro d’affari da 15 miliardi all’anno, che pone l’Italia al primo posto in Europa, e tra i primi Paesi al mondo, con ben il 22% del mercato globale. Se si considera che la popolazione italiana è solo 1% di quella mondiale, l’enormità del dato salta agli occhi. E dunque, ci dice uno studio del portale Netbetcasino.it, nel 2012 gli italiani hanno speso in slot e videopoker al computer 15 miliardi e 406 milioni, mentre i francesi «appena» 9 miliardi e 408 milioni, 3 miliardi gli inglesi, e «solo» 2 miliardi e 354 milioni gli spagnoli. Lo studio mostra la correlazione stretta che passa tra la crescente diffusione del gioco su internet e l’aumento della povertà e dell’abbandono scolastico. Ultimo dato sul quale riflettere, la bassissima tassazione delle vincite: su tutta questa enorme massa di danaro il fisco incassa dalle puntate online solo lo 0,6%. Ma sono solo la povertà e l’ignoranza, l’esclusione sociale, che confinano i singoli a rintanarsi dietro agli schermi dei video giochi nei bar di periferia, o nella solitudine dei computer a casa, la spiegazione di tutto questo? Sarà soltanto il cercare una vincita economica, a fronte della disoccupazione e del lavoro precario, il motore che spinge milioni di italiani a questa vera e propria dipendenza patologica? Roger Caillois, nel suo saggio Il gioco e gli uomini, sostiene che lo spirito di gioco è essenziale alla cultura, e dunque il gioco può essere utilizzato per leggere l’evoluzione di una civiltà, analizzando quali tipologie ludiche sono «centrali», e quali «periferiche», rispetto agli usi correnti. A questo proposito, confortato anche da Johan Huizinga nel suo Homo Lundens, ritiene che nell’evoluzione dei «giochi prevalenti», si possa vedere il progredire della civiltà, anzi la nascita stessa della civiltà, nella misura in cui questa consiste nel trasmutare della comunità umana dal sottostare ai capricci di un cosmo caotico ed imprevedibile, legato ai giochi che producono visioni estatiche, l’altalena ad esempio, ad un universo governabile, che poggia su un sistema di diritti e doveri regolati dall’interno del consesso sociale. Qui, come giochi prevalenti, troviamo invece quelli legati all’Agon, competitivi e, per compensazione, i giochi di Alea, parola latina che indica il gioco dei dadi, la Sorte: entità impersonale ed imperscrutabile, che dispensa i propri favori o torti senza che entri nel gioco nessuna caratteristica personale del giocatore, né di ordine morale, né abilità di alcun tipo. Evidentemente stiamo parlando dell’esatto opposto dell’Agon. Nell’Alea per così dire “pura”, la sfida è allora quella di vincere, non tanto contro un avversario, ma contro il Destino stesso, spesso chiamato a guardare con favore il giocatore proprio perché egli si mette totalmente nelle sue mani. Una sfida dunque alla realtà competitiva che esclude, per essere presi per mano almeno dalla Dea bendata.

Raffaele K Salinari

 

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