Tempo di uccidere da Il Manifesto 13-12-2012

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La legislatura si chiude con due segnali politici diametralmente opposti ma complementari.  Da una parte la riforma delle Forze Armate, voluta ed ottenuta dal Ministro Di Paola, e la mancata riforma della cooperazione allo sviluppo che né il Ministro degli Esteri Terzi né il Ministro per la Cooperazione Riccardi, sono riusciti a portare a casa. Le due cose sono strettamente collegate, sia nel merito che nel metodo. Da una parte, infatti, gli impegni verso l’apparato militar industriale statunitense, a partire dai famosi F35, erano e resteranno cogenti, mentre dall’altra gli accordi internazionali presi e sottoscritti in sede ONU sulla riduzione della povertà restano carta straccia. Ora, molto si è, giustamente, parlato dei miliardi e rotti che costerebbero i famosi bombardieri strategici, ma forse vale anche la pena fare alcune “equivalenze” e vedere quante vite umane si potevano mettere in sicurezza con quella cifra iperbolica, considerando che gli F35 serviranno evidentemente ad uccidere e non certo a salvare uomini, donne e bambini. Partiamo dal dato di base: l’Italia ha promesso nel lontano 2000 all’ONU che avrebbe versato lo 0,7% del suo PIL per sconfiggere la povertà, diminuire di almeno della metà la mortalità materna ed infantile, sostenere gli ammalati di Aids tubercolosi e malaria, far accedere tutti alle cure sanitarie di base, dare alle bambine ed ai bambini di tutto il mondo  una istruzione di base e permettere che ogni persona possa bere acqua potabile. In questi dodici anni l’Italia, buon ultima e senza particolari scostamenti da parte di governi di diverso colore, ha (dis)onorato questi impegni con lo 0,2% del PIL. Dunque in dieci anni il nostro Paese ha dato una cifra equivalente a quanto doveva nei primi due. Se consideriamo poi l’attuale fase di crisi, tanto evocata per tagliare tutto e di tutto, vediamo che il PIL dedicato alla Difesa sia aggira invece, per difetto, attorno al 2% del PIL, cioè quasi dieci volte l’impegno verso la lotta alla povertà. Ripeto che le due percentuali sono strettamente collegate perché illuminano, con i loro estremi, la logica che le sottende: meglio prepararsi alla guerra contro i poveri che sconfiggere la povertà. Anzi: meglio sottrarre fondi alla lotta alla povertà per giustificare gli armamenti che investire in sviluppo ed inclusione sociale per disarmare gli eserciti. A maggior ragione, adesso che l’esercito si farà pagare per i suoi interventi di protezione civile, forse ci si prepara anche a gestire la rabbia sociale alla maniera dei regimi autoritari, magari facendo decollare gli F35 sui cieli nazionali a scopo intimidatorio, come fa il buon Morsi in Egitto in questi giorni. A che serve dunque ammodernare gli equipaggiamenti e prepararsi a guerre di vasta portata se non si dice la verità all’opinione pubblica, e che cioè che il nemico sarà probabilmente quello stesso che stiamo creando in questi lunghi anni di assenza dall’Africa sub sahariana, dall’impegno a sostegno dei movimenti democratici  nel mondo arabo, mentre a Lampedusa centinaia di bambini non possono essere assistiti perché le strutture logistiche dell’isola non consentono di creare le condizioni dell’accoglienza, come impone  la Convenzione ONU sui Diritti dell’infanzia, mentre spendiamo miliardi per ricacciare in mare i reietti della “liberazione” libica? Qualche giorno fa alcune onorevoli del PD in Commissione infanzia hanno ottenuto che, nelle pieghe della Legge di Stabilità, fossero stanziati dei fondi per garantire un’assistenza minima ai già tantissimi minori stranieri non accompagnati presenti sull’isola. Un successo sicuramente apprezzabile, ma molto amaro, visto che nelle stesse ore la Commissione Difesa confermava l’acquisto dei bombardieri e tutto l’apparato che comporta la riforma delle Difesa. Infine un’ultima “equivalenza”: per salvare un bambino dalla malnutrizione  occorrono tra i 60 e i 90 centesimi al giorno. Eppure sono circa 30.000 i bambini che ogni giorni muoiono per cause associate alla malnutrizione; le vaccinazioni contro le 6 principali malattie mortali dell’infanzia (morbillo, polio, difterite, pertosse, tetano, tubercolosi) costano circa 6 euro. Queste sono i numeri: a noi scegliere dalla parte di chi stare, a noi fare di questi temi lo spartiacque politico verso una discontinuità che non deve solo riguardare le scelte economiche e sociali nazionali od europee, m a il destino di centinai di milioni di essere umani.

Raffaele K Salinari, Presidente Terre des Hommes