Il grido dei bambini di Lampedusa

Le traballanti vicissitudini del Governo e le sue prospettive ” balneari” cancellano dai media mainstream il dramma dei minori non accompagnati che, ogni giorno, a Lampedusa come nei tanti altri Centri di Identificazione ed Espulsione, sparsi per l’Italia, rischia di regalarci al fine la notizia che uno di questi bambini si è tolto la vita o si è mutilato per disperazione. I dati che riportaiamo qui di seguito vengono da una relazione circostanziata, che abbiamo già consegnato al Parlamento, dato che da qualche tempo cerchiamo di dare a questi minori assistenza legale, per informarli dei loro Diritti ma, soprattutto, per farli sentire meno soli in un mondo di ostilità ed isolamento crescente che spesso li getta nella più profonda disperazione. La prima questione da affrontare è certamente quella delle condizioni materiali di vita cui sono sottoposti. Nella sola Base Loran, a Lampedusa, ve ne sono oltre 260, quando la capienza massima della struttura è di 180. Con i minori ci sono anche un decina di adulti, quindi di fatto i primi vivono in condizioni di promiscuità, con conseguenze che si possono ben immaginare. I minori sono presenti alla Base anche da 30/35 giorni, non sono affidati a nessuno (sono solo stati identificati) e dunque si trovano in un “limbo” giuridico. Sono in pratica detenuti perché non possono uscire dalla struttura (quando un minore non può essere privato della libertà) e comunque privi di uno status giuridico chiaro. Non riescono a comunicare con l’esterno,perché non ci sono cabine telefoniche. Vengono distribuite schede telefoniche da 5 euro ogni 10gg ma i telefoni cellulari sono pochissimi e le code non permettono a tutti sempre di parlare. In Contrada Imbricola, invece, sono poco più di 80, divisi principalmente in due container, dove non dovrebbero esserci adulti. A nessuno di loro è mai stato notificato alcun decreto di trattenimento o espulsione – né ciò potrebbe avvenire essendo non espellibili per l Dichiarazione ONU sui Diritti dei Minori, e per nessuno di loro è mai stata svolta alcuna udienza di convalida. Questi ragazzini sono di fatto privati da molti giorni (alcuni da oltre un mese) della libertà personale in palese violazione dell’art. 13 Costituzione, nonché della Convenzione di New York sui Diritti dei Minori senza alcun provvedimento scritto né alcuna convalida giudiziaria. Anche qui alcuni sono rinchiusi da 30/35gg. Sono infatti arrivati con gli sbarchi che risalgono anche al 13 maggio. Nessuno dei ragazzi comprende il motivo di questa detenzione; si colpevolizzano, perché credono di avere commesso un reato e non sanno qual è il loro destino. Ci chiedono insistentemente di dire loro quando usciranno e dove andranno. Molti chiedono rispetto, di essere trattati da esseri umani e soprattutto di poter continuare a studiare. Siamo ragazzi, dicono. Alcuni hanno parenti che vorrebbero raggiungere, altri stanno riflettendo se chiedere l’asilo o no, ma tutti sono, di fatto, abbandonati in un limbo inquietante. Alcuni stanno per compiere 18 anni, con tutti i rischi che questo comporta. Allo stato di abbandono giuridico, si accompagna uno stato di forte  degrado ambientale. Dormono in stanze dai muri sporchi e sbrecciati su materassi sporchi, coperti, quando va bene, da lenzuola di plastica. I bagni sono luridi, in particolare quelli di Contrada Imbriacola, dove sono interni alle stanze da letto. Dormire è di fatto impossibile in un container, nel caldo soffocante dell’isola. È chiaro che in questa condizioni si manifestino sempre più frequentemente casi di autolesionismo. “Stiamo ravvisando nella maggior parte di loro uno stato di precario equilibrio, soprattutto psicologico ed emotivo”, ha evidenziato Federica Giannotta, responsabile Diritti dei minori di Terre des Hommes, aggiungendo: “La detenzione prolungata, di fatto contraria alle procedure di accoglienza dei minori, che spesso si protrae anche per più di trenta giorni in strutture assolutamente inadatte ad accoglierli, sta spingendo all’esasperazione alcuni di loro”. È di ieri, infatti, la notizia che alcuni minori hanno commesso atti autolesionistici molto gravi che li hanno portati anche a rischiare la vita. È chiaro che, nonostante i pur enormi sforzi delle organizzazioni presenti sul campo, questi minori restano ostaggio di procedure che hanno perso la funzione dell’accoglienza protettiva, come detta la Convenzione ONU sui Diritti dell’Infanzia, a cui l’Italia deve sempre riferirsi in materia di minori”, conclude Giannotta. E’ di tutta evidenza come l’entità delle presenze (300 anime) dei minori sull’Isola non possano giustificare il ritardo e la parziale (si è fatta solo l’identificazione!) applicazione della procedura di accoglienza prevista dal nostro ordinamento a protezione di questi ragazzi. La difficoltà per l’Italia di reperire un numero corrispondente di posti in strutture di accoglienza adeguate non è in dubbio. Pare siano molti, infatti, i Comuni che stanno rispondendo all’appello a dare la propria disponibilità ad accogliere questi minori. Ciò che però impedisce una fluida procedura di trasferimento e accoglienza dei minori nelle città italiane è l’insicurezza che i comuni hanno di vedersi sostenuti nelle spese cui dovranno incorrere per l’accoglienza opportuna di questi minori. Infatti il problema sembra proprio essere che  pur essendo stati stanziati finanziamenti, non è chiaro come e quando un comune potrà vederli e questo, sappiamo, per gli enti locali, già privati di risorse essenziali per la gestione “ordinaria” della propria amministrazione, non è fattore secondario. Solo che a pagarne il prezzo sono oltre 300 minori, privi di tutela.

Raffaele K Salinari, Presidente Terre des Hommes

 

Pubblicato su Carta 23-6-2010

http://www.carta.org/2011/06/il-grido-dei-ragazzi-clandestini

 

 

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