Stalin era un ragazzo in gamba, in fondo. Reduce da una avventurosa e sanguinosa rapina ad un treno, riparato con il malloppo in Italia, si sottrasse alle polizie di tutta Europa distribuendo con onestà, senza trattenere un copeco, i soldi dell’«esproprio proletario» ai vari gruppi rivoluzionari allora dispersi. Sbarcò nell’inverno del 1907 ad Ancona, riparò a Venezia a San Lazzaro, nel convento dei frati armeni. Ne fu poi allontanato perché, nottetempo, con una barchetta scappava in città in cerca di legittimi svaghi. È leggenda?
Non sappiamo. Certo è che la vicenda incuriosisce. Hugo Pratt la inserì, nelle sue narrazioni, sceneggiando una telefonata, con il ricordo dei vecchi tempi veneziani, fra Corto Maltese e Bepi, così lo chiamavano i compagni della laguna. E, incuriosito, Raffaele K. Salinari ha scritto un piccolo libretto che non si riesce a nonleggere: Stalin in Italia ovvero Bepi del Giasso, per le edizioni «Ogni uomo è tutti gli uomini». Una piccola storia appena probabile, mentre quasi certi furono i rapporti fra Stalin e i
rivoluzionari russi in Italia, in cerca di fondi, per sopravvivere e reggere le loro «scuole». Le scuole quadri: un modoper serrare le correnti, e prepararsi ad eventi più favorevoli, esattamente come oggi.
I bolscevichi andarono a studiare a Capri, poi a Bologna, in via Marsala, nel novembre 1910. Non sappiamo molto di quegli anni e in particolare dell’episodio italiano e bolognese. Storie ne furono scritte, ma ispirate o addirittura redatte personalmente da Stalin dittatore.
Gli avvenimenti riscritti o cancellati. Oggi i rivoluzionari appaiono sconfitti, demoni alla ricerca dell’inafferrabile, ed un nuovo conformismo opera una nuova cancellazione della storia. Ma non è così, nel bolscevismo, la «più antipatica» delle infinite correnti dei socialdemocratici russi – come la definì Anna Kuliscioff -, si ritrovarono alcuni fra i cervelli migliori dell’epoca.
Così sappiamo che a Bologna passò Maksim Gorkij e insegnò Trotskji. E ricordiamo che il promotore della scuola bolognese fu Aleksandr Bogdanov, medico, filosofo, futurologo, geniale fino alla bizzarria.
Quel Bogdanov che, proprio un rarissimo impeto di generosità di Stalin salvò da una delle prime purghe, aveva il torto di essere, nell’esilio
italiano, fra gli oppositori alla linea di Lenin. Lenin lo considerava minoritario e aprì un suo centro studi a Parigi, non più dalle nostre parti
così periferiche. Ancora con l’aiuto dei fondi di Koba. Potenza dei tesorieri!
Sempre come oggidì.
DAVIDE FERRARI
Culture
www.unita.it
IL LIBRO
Quando «Bepi» Stalin riparò in Italia
SABATO 7 AGOSTO 2010
(Tratto da: l’Unità)