La morte della bambina nigeriana di due anni nell’hinterland milanese, non è solo un «ordinario» caso di mala sanità italica, ma il risultato di un processo di crescente fragilizzazione dei diritti fondamentali per i lavoratori immigrati. I fatti sono noti: una famiglia di immigrati regolari si rivolge all’ospedale di Cernusco sul naviglio per assistenza alla bambina che sta male da qualche giorno. Una prima frettolosa visita ed una ricetta con medicine che non risolvono il quadro patologico, una seconda richiesta di vista respinta con la motivazione che la tessera sanitaria è scaduta perché il padre, pur regolare, ha perso il lavoro qualche settimana prima. Nella nuova regolamentazione del lavoro immigrato, infatti, ogni diritto, compresi quelli fondamentali come la sanità ed istruzione, sono direttamente legati non solo al permesso di soggiorno, ma ad un lavoro regolare. In altre parole significa che se non lavori non puoi mandare i figli all’ospedale, con le conseguenze che questo episodio illustra molto bene. La cose è estremamente grave, prima di tutto perché è morta una bambina e, più ancora, perché la sua morte è attribuibile a questa distinzione tra immigrati regolari con lavoro e senza che apre un ulteriore girone tra i «dannati della terra»: Che la richiesta fosse legittima o meno lo stabilirà la magistratura, che ha aperto una inchiesta, resta però il messaggio, che spinge gli emarginati potenziali non solo a vendere la loro forza lavoro a prezzi di vera e propria schiavitù, ma a gesti dettati dalla disperazione, che vengono poi regolarmente puniti in maniera esemplare tanto per far capire il clima xenofobo che vive oggi nel nostro Paese. In secondo luogo, su un piano più generale ma non meno importante, si è avvalorata la logica che i Diritti umani fondamentali, una volta base delle democrazie occidentali, tanto fiere di questi principii da esportarli con la forza delle armi, siano sono invece subalterni alle politiche securitarie, oramai tanto prevalenti sull’universalismo da sottomettere anche la salute, così come lo studio, alla fruizione di un lavoro regolare. Basta immaginare se questa linea di condotta venisse applicata a tutti quegli italiani che non hanno un regolare lavoro. E allora, se l’idea è che esiste un valore chiave e portante di ogni modello di convivenza civile pacifico e democratico, e che questo valore sia la Dignità della persona, come recita la Dichiarazione dei Diritti, e se questo valore deve guidare ogni considerazione ulteriore e se, a maggior ragione, viviamo ancora in un Paese che ha formato e ratificato la Dichiarazione dei Diritti del Bambino nella quale si afferma che «l’interesse superiore del minore deve prevalere su ogni altra considerazione», dobbiamo chiederci se stiamo parlando dello stesso Pese e, più in generale, se questa è ancora la base sulla quale la politica, in particolar modo quella di sinistra o di opposizione sociale, vuole fare le riforma e condurre la sua battaglia non solo alla riconquista delle Istituzione ma dei Diritti umani fondamentali. Raffaele K Salinari, Presidente Terre des Hommes
pubblicato sul manifesto 15-4-2010