L’aggressione delle truppe d’assalto, in acque internazionali, contro il convoglio navale pacifista Freedom Flottiglia, con i conseguenti morti, feriti e detenuti, non è solo un tragico esempio della politica estera dello Stato di Israele, ma un episodio della «guerra permanente globale contro il terrorismo», iniziata ufficialmente dopo l’11 settembre 2001. Già analizzando l’entrata in guerra degli Stati uniti nel primo conflitto mondiale contro la Germania, il politologo nazista Carl Schmitt aveva preconizzato, nel celebre libro Il Nomos della Terra, la trasformazione della guerra in uno strumento della globalizzazione, con una forte tendenza a considerare il nemico come «criminale» e dunque, in nome dell’umanità, a poterlo combattere con ogni mezzo necessario. Secondo il Presidente Wilson, infatti, «la guerra navale tedesca è una guerra condotta contro tutte le nazioni del mondo, ovvero contro l’umanità». La conclusione di Schmitt è che la prima guerra mondiale, dopo l’entrata in gioco degli Usa sulla base di queste motivazioni, aveva perciò cessato di essere una “classica”guerra interstatale, e si era trasformata in una «guerra civile mondiale» (Weltbürgerkrieg), secondo un modello destinato ad affermarsi e a coinvolgere l’intera umanità. Le riflessioni di Schmitt si condensano in un finale profetico: l’avvento di una «guerra totale asimmetrica e di annientamento», condotta da potenze dotate di mezzi di distruzione di massa, contro gli hostis generis umani, espressione sino ad allora normalmente usata per la criminalità organizzata internazionale come la pirateria. È a questo punto che Schmitt sembra raggiungere il vertice della sua capacità analitica e della sua lungimiranza predittiva: la guerra che si profila all’orizzonte non sarà soltanto una guerra globale, forzatamente asimmetrica, “giusta” e “umanitaria”, ma sarà una guerra capace di una discriminazione abissale del nemico, poiché assumerà la forma di una permanente “azione di polizia”; una polizia internazionale, ovviamente controllata dagli Stati Uniti, che userà tute le sue armi contro i “perturbatori della pace”, senza più alcuna distinzione fra truppe regolari e milizie irregolari, e fra militari e civili. Non sarà dunque una guerra fra Stati, suscettibile di concludersi con un qualche trattato di pace, ma sarà una permanente “guerra civile mondiale” condotta da una grande potenza, o dai suoi alleati, per sottoporre a controllo poliziesco-militare l’intero pianeta. Ancora dal Nomos della Terra: «Nella misura in cui oggi la guerra viene trasformata in azione di polizia contro perturbatori della pace, criminali ed elementi nocivi, deve essere anche potenziata la giustificazione dei metodi di questo police bombing. Si è così inclini a spingere la discriminazione dell’avversario fino a dimensioni abissali». Pare evidente che l’azione israeliana si inscrive, pur con tutte le sue peculiarità geopolitiche, in questo quadro, in questa stessa logica; da ciò la sua estrema pericolosità e la necessità di denunciarne la valenza «costituente»; in altre parole, di facimento delle regole che si affermano attraverso la fase bellica che viviamo, in vista di inscrivere, nei rapporti di forza che ne scaturiranno, le regole della governance globale. Questo spiega chiaramente la debole reazione di molti Stai alla richiesta di una Commissione di inchiesta indipendente, e la contrarietà degli Usa e del suo fedele alleato di centro destra. Forse Obama sarà irritato da questi gesti, ma dovrà ancora per molto sopportare le intemperanze del suo alleato medio orientale che, da questo punto di vista, ha sempre avuta chiaro il suo ruolo di «avanguardia». Chiunque sia stato nelle Gerusalemme occupata ha visto le magliette con la scritta: America non preoccuparti Israele ti protegge. E noi, dunque, che operiamo nei Territori Occupati, dovremo preparaci a proteggerci da una quotidiana applicazione di queste pratiche poiché, naturalmente, dopo la «prova generale», partono le repliche.
Raffaele K Salinari, Presidente Terre des Hommes
Pubblicato su Liberazione 12-6-2010